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L'insegnamento dei Papi nei conflitti armati

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Testo originale dell'articolo in inglese qui

All'incontro, presieduto da Dominique Mamberti, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. hanno partecipato Massimo de Leonardis, docente di Storia delle Relazioni Internazionali (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano); Johan Ickx, Direttore dell'Archivio Storico della Segreteria di Stato vaticana (Sezione Rapporti con gli Stati); e Andrea Tornielli, Direttore Editoriale di Vatican Media. Il magistero dei Papi nei conflitti armati non è un tema minore che nasce oggi dalla guerra in Ucraina.

Il nuovo libro del Papa

Le riflessioni di papa Francesco contenute nella sua recente pubblicazione. Contro la guerra. Il coraggio di costruire la pace (edito da Solferino) mostra il bisogno di fraternità e denuncia la follia della guerra.
Sono pagine impregnate della sofferenza delle vittime in Ucraina, dei volti di coloro che hanno subito il conflitto in Iraq, delle vicende storiche di Hiroshima e dell'eredità delle due guerre mondiali del XX secolo.

Francesco individua nella brama di potere, nelle relazioni internazionali dominate dalla forza militare, nell'ostentazione degli arsenali militari, le motivazioni profonde delle guerre che ancora oggi fanno sanguinare i pianoforti. Sono incontri che portano morte, distrazione e rimpianto, e che portano nuove morti e nuove distrazioni, in una spirale a cui solo la conversione del nostro cuore può porre fine.

Il Magistero di guerra pontificio

Il dialogo come arte politica, la costruzione artistica della pace che parte dal cuore e si estende al mondo, il dirottamento delle armi nucleari e il disarmo come opzione strategica, sono le indicazioni concrete che Francesco ci dà perché la pace diventi davvero l'orbita condivisa su cui costruire il nostro futuro. Perché dalla guerra non può nascere nulla di veramente umano.

Il pontefice segue le orme degli insegnamenti dei suoi predecessori: l'appello con cui nel 1962 San Giovanni XXIII invitò le potenze del suo tempo a fermare un'escalation di guerra che avrebbe potuto far finire il mondo nell'abisso del conflitto nucleare; la forza con cui San Paolo VI, parlando nel 1965 all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, disse: "Mai più guerra! Basta con la guerra"; i numerosi appelli alla pace di San Giovanni Paolo II, che nel 1991 definì la guerra come un'"avventura senza ritorno".

"Sin dall'inizio del mio servizio di vescovo di Roma" - si legge nell'introduzione al volume - "ho parlato della terza guerra mondiale, dicendo che la stiamo già vivendo, anche se ancora a pezzi. Questi pezzi diventano sempre più grandi e vengono sempre pagati. Attualmente nel mondo ci sono molte guerre che causano immenso dolore e vite innocenti, soprattutto bambini. Sono guerre che causano la fuga di milioni di persone che, per salvarsi la vita, sono costrette a lasciare le loro terre, le loro case e le loro città in rovina. Sono le tante guerre dimenticate che di tanto in tanto riappaiono davanti ai nostri occhi distratti".

La pazzia della guerra

Lungi dall'essere la soluzione alle controversie, per Francesco la guerra "è una follia, la guerra è uno spettacolo, la guerra è un cancro che si autoalimenta, distruggendo tutto". Inoltre, la guerra è un sacrilegio, che "porta via ciò che di più prezioso c'è sulla nostra terra, la vita umana, l'innocenza dei bambini, la bellezza del creato".

La soluzione è piuttosto quella proposta dall'enciclica Fratelli tutti: utilizzare i fondi risparmiati per le armi e le altre spese militari per creare un Fondo mondiale volto a eliminare definitivamente la fama e a favorire lo sviluppo dei Paesi più poveri, per evitare scorci violenti o latitanti. Una proposta che il Santo Padre sente il bisogno di rinnovare "anche oggi, soprattutto oggi". Perché "le guerre vanno combattute, e finiranno solo se sapremo dare loro cibo da mangiare".

Pio XII e gli ebrei

Un altro libro - Pio XII e gli ebrei (Rizzoli 2021) - sarà probabilmente l'occasione per fare luce sull'operato di Pio XII, con riferimento agli interventi del Papa, coordinati dal Segretario di Stato, cardinale Luigi Maglione, e portati avanti da figure di alto livello come Domenico Tardini e Giovanni Battista Montini (il futuro Papa Paolo VI). "I documenti inediti di Pio XII", scrive Ickx, "contrastano la falsa narrazione precedentemente accettata da molti".

Il Papa, infatti, "ha organizzato una rete di vie di fuga per le persone in pericolo e ha vegliato su una rete di sacerdoti che operavano in tutta Europa con un unico obiettivo: salvare vite umane ogni volta che era possibile". È la seconda parte dell'elenco di Pio XII, la "serie ebraica" dell'archivio storico della Segreteria di Stato. Una serie particolare, anche per nome (le altre portano il nome di specifici Paesi), che contiene circa 2.800 richieste di intervento o assistenza e che testimonia quanto la sorte di queste persone stesse a cuore al Papa. La serie racconta il destino di oltre 4.000 ebrei, alcuni dei quali cattolici ma di origine ebraica (perché a un certo punto nemmeno la guerra ha impedito la loro deportazione).

Le rivendicazioni coprirono il periodo dal 1938 al 1944 e si intensificarono durante gli anni cruciali della guerra. Non fu sempre possibile salvarli tutti, ma la "serie ebraica" "dimostra al di là di ogni ragionevole dubbio", dice Icks, "che Pio XII e i suoi collaboratori erano impegnati a offrire assistenza anche a coloro che professavano la fede ebraica".

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