Testo originale dell'articolo in spagnolo qui
Traduzione di Peter Damian-Grint
Papa Francesco ha tenuto la sua terza udienza sul discernimento, in cui lo mette in relazione con la conoscenza di sé, qualcosa che coinvolge diverse facoltà umane: memoria, intelletto, volontà, affetti. Il Papa sottolinea che "non sappiamo discernere perché non conosciamo abbastanza bene noi stessi, e quindi non sappiamo cosa vogliamo veramente". Alla base dei dubbi spirituali e delle crisi vocazionali c'è spesso un dialogo insufficiente tra la vita religiosa e la nostra dimensione umana, cognitiva e affettiva".
Il Pontefice ha citato un testo del gesuita Thomas Green, specialista in accompagnamento spirituale, che sottolinea come la conoscenza della volontà di Dio dipenda spesso da problemi non propriamente spirituali, ma piuttosto psicologici. L'autore scrive:
"Sono giunto alla convinzione che il più grande ostacolo al vero discernimento (e alla vera crescita nella preghiera) non è la natura intangibile di Dio, ma il fatto che non conosciamo abbastanza noi stessi, e non vogliamo nemmeno conoscerci per quello che siamo veramente. Quasi tutti ci nascondiamo dietro una maschera, non solo di fronte agli altri, ma anche quando ci guardiamo allo specchio" (Thomas Green), La zizzania tra il granoRoma, 1992, p. 25).
Conoscere se stessi per conoscere Dio
"La dimenticanza della presenza di Dio nella nostra vita", ha proseguito il Papa, "va di pari passo con l'ignoranza di noi stessi, delle caratteristiche della nostra personalità e dei nostri desideri più profondi. Conoscere se stessi non è difficile, ma è faticoso: comporta un paziente lavoro di scavo interiore". Per conoscere noi stessi, dobbiamo riflettere sui nostri sentimenti, sui nostri bisogni e sull'insieme dei condizionamenti inconsci che abbiamo.
Il Santo Padre ha sottolineato l'importanza di distinguere attentamente tra i diversi stati psicologici, perché non è la stessa cosa dire "sento" come "sono convinto", "ho voglia" o "voglio". Ognuno di questi pensieri ha sfumature importanti, che possono portare alla conoscenza di sé o all'autoinganno. E così le persone diventano autolimitanti, al punto che "spesso può accadere che convinzioni errate sulla realtà, basate su esperienze passate, ci influenzino fortemente, limitando la nostra libertà di rischiare su ciò che conta davvero nella nostra vita".
Esame di coscienza
Se non conosciamo bene noi stessi, il compito del "tentatore" (come è stato chiamato il diavolo) diventa più facile, perché egli attacca facilmente la debolezza umana. Nelle parole del Papa:
"La tentazione non suggerisce necessariamente cose cattive, ma spesso cose disordinate, presentate con eccessiva importanza. In questo modo ci ipnotizza con l'attrattiva suscitata in noi da queste cose: cose belle ma illusorie, che non possono mantenere le promesse che fanno, lasciandoci alla fine con un senso di vuoto e di tristezza".
Specificando alcuni esempi di cose che possono trarre in inganno, ha indicato obiettivi che sono lodevoli - come un titolo accademico, una carriera professionale, relazioni personali - ma che possono offuscare le nostre aspettative, soprattutto come barometri del valore personale. "Da questa incomprensione", ha proseguito, "nascono spesso le più grandi sofferenze, perché nessuna di queste cose può essere garanzia della nostra dignità".
Il diavolo usa "parole persuasive per manipolarci", ma possiamo riconoscerlo se facciamo il nostro "esame di coscienza": cioè la buona abitudine di rileggere con calma ciò che accade nella nostra giornata, imparando a notare - dalle nostre valutazioni e dalle nostre scelte - a cosa diamo più importanza, cosa cerchiamo e perché, e cosa alla fine abbiamo trovato. Soprattutto, imparare a riconoscere ciò che soddisfa il cuore. Perché solo il Signore può darci la conferma del nostro valore. Ce lo dice ogni giorno dalla croce: è morto per noi, per mostrarci quanto siamo preziosi ai suoi occhi. Nessun ostacolo o fallimento può impedire il suo tenero abbraccio".
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